ATTRAVERSO L’EUROPA PER LE ACQUE INTERNE DAL MARE DEL NORD AL MEDITERRANEO Ecland logbook 2019-2020 PRIMA PARTE: 2019 Ecland è uscito dal Mediterraneo nell’agosto del 1992. Dopo anni di crociere dalla parte europea e da quella americana dell’Atlantico, siamo ritornati in Europa nel 2011, navigando poi lungo la Norvegia, alle Svalbard, in Baltico, e alla fine dell’agosto 2018 siamo arrivati ad Amsterdam, con l’idea che dopo circa 60.000 miglia fosse l’ora di rientrare in Mediterraneo. Convinto che, dopo anni di frequentazione, le coste atlantiche dalla Manica a Gibilterra non potessero riservarci molte sorprese, ho iniziato a prendere in considerazione di rientrare in Mediterraneo per le acque interne. La prima idea è stata quella di fare un “traversone” dell’Europa da ovest a est in due stagioni, lungo Olanda, Belgio, Germania (Reno e Meno), per entrare infine nel Danubio, uscire nel mar Nero e rientrare in Mediterraneo dal Bosforo, e ho inziato a studiarne la fattibilità. Grazie all’impagabile materiale di Tom Sommers messo a disposizione su www.eurocanals.com, all’ottima cartografia digitale dell’olandese Stentec e a qualche chiacchierata con chi lo aveva già fatto, mi sono però convinto che questa opzione non era la più adatta a noi: la lunghezza del percorso, i problemi burocratici, l’impossibilità di lasciare la barca in un posto sicuro a metà percorso e la variabilità del pescaggio sul Danubio mi hanno convinto a trovare un’alternativa che mi consentisse di attraversare sì l’Europa sui canali in due stagioni da un mese ciascuna, ma con la sicurezza di mantenere i programmi e in un’area in cui trovare migliori risorse per lasciare Ecland a metà strada. Unica soluzione: il traversone da nord a sud, attraverso Olanda, Belgio e Francia, uscendo in Mediterraneo alle foci del Rodano, praticamente a Marsiglia. Dopo un ulteriore studio dei documenti, e la verifica della fattibilità dal punto di vista dimensionale (pescaggio e larghezza), decido quindi per questa opzione. L’itinerario previsto per il 2019 e per il 2020. Quindi: il primo anno, l’Amsterdam-Rijn Kanaal, un po’ di strada in altri canali per arrivare nell’area vicino a ‘s-Hertogenbosch, il Zuid-Willemsvaart fino a Maasbracht, il Julianakanaal fino a Maastricht e poi la Mosa per attraversare il Belgio e arrivare in Francia; da qui, il canale della Mosa fino a Toul, il canal des Vosges fino a entrare nella Saône, fermandoci nell’area di Saint-Jean-de-Losne (non lontano da Digione per motivi logistici), considerato un crocevia fondamentale in Borgogna. Il secondo anno, la Saône da Digione a Lione e il Rodano fino al mare. Dopo un giro di e-mail, mi accordo con Vassili Zadora di H2O a Saint-Jean-de-Losne, prenotando un posto nel Port Royal di Auxonne, una ventina di kilometri più a monte ma gestito dalla stessa società, dalla fine di agosto 2019 a luglio 2020, e con lo staff di Port Napoléon, nel golfo di Fos allo sbocco del Rodano, per un posto a partire dalla fine di agosto 2020 e per ricevere il mio albero all’inizio di questa stagione e tenerlo per un anno. Sì, perché ho infatti deciso di non trasportare l’albero in coperta: sarebbe un ostacolo alla vita a bordo e alla navigazione, dato che sporgerebbe di tre metri dalla barca; non deve essere un trasferimento, questo, ma una crociera. Ho quindi trovato e contattato Rainer Petras della Fastmast, un tedesco che di professione trasporta alberi in giro per l’Europa, che caricherà albero e boma ad Amsterdam su un buffo furgone con un lungo carrello al traino, e li scaricherà a Port Napoléon, nostra destinazione finale.
Dovremo preparare bene la barca e anche prendere pian piano confidenza con la navigazione nelle acque interne e con le chiuse. Abbiamo già un po’ di esperienza di navigazione sui canali, ma tutti con l’albero al suo posto: il Caledonian Canal e il Crinan Canal in Scozia, una parte dell’Intracostal Waterways all’interno della costa est degli USA (piena di ponti ma senza chiuse), il canale di Kiel che taglia alla radice la penisola danese, e un pezzo della Staande Maast Route, in Olanda, da Lauwersoog a Lemmer: ma è niente in confronto di quello che ci aspetta. 25 maggio-2 giugno 2019: preparazione della barca ad Amsterdam Con Franco e André salgo in macchina ad Amsterdam, portando tutta la mercanzia necessaria, e insieme passiamo una settimana per preparare Ecland a questa crociera un po’ insolita. Claudio ci raggiunge in aereo poco dopo. Ci spostiamo da Amsterdam Marina al Twellegea Jachthaven, che ha un carro-ponte, per disalberare e fare carena. L’operazione di disalberamento, anche se fatta con una gru un po’ sottodimensionata, va bene. Smontiamo tutto lo smontabile e facciamo due salsiccioni rivestiti con plastica termoretraibile, il primo con l’albero e tutto il sartiame, il secondo con boma della randa, boma della trinchetta e palo dell’eolica. Il resto finisce nella cala vele della barca.
Tornati all’Amsterdam Marina, iniziamo i lavori di preparazione di Ecland che non sono pochi: ricostruire un corto palo sul ponte per fissare luci di via, tromba, antenna del VHF e bandiera di cortesia; preparare nuove cime di ormeggio (4 da 20 metri e 2 da 10) per le grandi chiuse della prima parte del viaggio; aggiungere dei parabordi rettangolari sottili da lasciare sempre a posto, per le piccole chiuse dei canali francesi, larghe poco più di Ecland; sostituire il frigorifero che ha smesso di funzionare l’anno scorso con uno nuovo; predisporre le prese USB in pozzetto per poter usare il tablet con la cartografia digitale dei canali; alcune piccole riparazioni già preventivate dall’anno scorso; un check completo del motore; qualcosa per poter armare un tendalino in pozzetto per sole e pioggia anche senza il boma al suo posto; da ultimo, dotare la barca di un paio di biciclette, acquistabili usate ad Amsterdam quasi ovunque. Quando ripartiamo per Milano, Ecland è a posto. La sua altezza massima dalla linea di galleggiamento è di 3,20, che va più che bene per i ponti che incontreremo. Ecland di ritorno all’Amsterdam Marina: fa un po’ impressione vederlo in acqua senz’albero. Rientrando in Italia, facciamo un salto ad Auxonne per vedere il posto in cui lasceremo la barca alla fine dell’estate, e ci piace molto, sia il porticciolo che il paese. Il 7 luglio Rainer Petras ritira albero e boma ad Amsterdam, e il 10 li consegna a Port Napoléon. 21-23 luglio 2019: Amsterdam Arrivo con Franco ad Amsterdam Marina. Montiamo il nuovo frigo, facciamo un po’ di pulizia, verifichiamo le bici appena acquistate, allestiamo e mettiamo al loro posto le cime e i parabordi, prepariamo gli strumenti di navigazione – il tablet davanti alla ruota del timone e il mio laptop all’interno, dotato di gps, entrambi con la stessa cartografia – e facciamo una spesa completa. Il 22 arrivano André e Claudio. Il 23 arriva Peter. Siamo al completo e pronti a partire, manca solo il pieno di gasolio. 24 luglio, mercoledì: Amsterdam - Vianen [56 km, 2 chiuse, 6h] Partenza alle 8. Il tempo è bello e fa un bel caldo. Dopo una sosta per un pieno completo di gasolio (370 litri), alle 9 entriamo nell’Amsterdam-Rijn Kanaal (ARK), al kilometro 1. Ogni canale ha una sua numerazione kilometrica, con un cartello ogni kilometro (in francese Pk, point kilométrique) numerato dall’inizio alla fine, in un senso che varia da canale a canale o da fiume a fiume: i fiumi sono numerati dal basso verso l’alto (cioè dalla foce alla sorgente) e i canali in modo indipendente (e talvolta confuso). Nonostante sia un giorno feriale, non c’è molto traffico commerciale, ma in compenso il via-vai dei traghetti all’uscita da Amsterdam è impressionante. Procediamo spediti a 5,7 nodi (poco più di 10 kilometri all’ora, dovremo abituarci a considerare la nostra velocità in kilometri all’ora, invece che in nodi). Il traffico di traghetti all’uscita da Amsterdam.
In acqua si vede passare veramente di tutto: dalle chiatte da cento tonnellate ai kayak, passando per cordate di barchette a vela, improbabili house-boat e microscopici rimorchiatori riadattati per il diporto; la fantasia al potere!
Le chiuse non ci fanno perdere molto tempo: 20 minuti a Princes Beatrixsluis, 10 minuti alla Grote Sluis di Vianen. Per ora sono chiuse grandi, fatte per le chiatte commerciali, lunghe 200 metri, larghe più di 20 e profonde 4 quando sono vuote. L’operatore vigila da torri di controllo di forme fantasiose, ma non abbiamo nemmeno bisogno di chiamarli sul VHF, perché c’è sempre qualcuno già in coda per il passaggio; le chiatte commerciali hanno la precedenza, e le barche da diporto si attaccano al muro opposto una dietro l’altra, e se manca spazio sul muro, si ormeggiano direttamente in coppia alle chiatte, dato che la larghezza lo permette; le dimensioni sono tali che una volta dentro non si avverte nessuna turbolenza. L’unica cosa a cui fare attenzione è l’ormeggio: le bitte sono contenute in nicchie scavate nel muro, tranne la fila più alta che sta in posizione normale al di sopra del muro, e man mano che si sale o si scende bisogna spostare le cime da una fila di bitte a un’altra, per non rimanere appesi. La distanza in orizzontale delle bitte è fatta per le chiatte e non per le barche da diporto, e bisogna darsi da fare facendo passare le cime su un mezzomarinaio a prua e a poppa per la manovra. Ad Amsterdam ne abbiamo imbarcati due, leggeri e telescopici.
Alle 14 ormeggiamo nel passantenhaven di Vianen, nel Merwedekanaal. Posto grazioso, ma senza nessuna risorsa. 25 luglio, giovedì: Vianen - Veghel [77 km, 7 chiuse, 7h30] Partenza alle 8:45. Rifacciamo in senso inverso il pezzetto del Merwedekanaal e la Grote Sluis, poi entriamo nel Lek diretti a est. Alle 12 rientriamo nell’Amsterdan-Rijn Kanaal. Non c’è un pelo di vento e fa un caldo tremendo, ci sono quasi 40 °C, ma mentre andiamo quel po’ di aria dovuta alla nostra velocità rende sopportabile la calura. Siamo indecisi se arrivare fino a ’s-Hertogenbosch, ma la presenza di una bella scorciatoia attraverso il Maximakanaal è troppo allettante. Quindi percorriamo il canale St. Andreas e il Maximakanaal e alle 19 entriamo in un corto canale laterale che conduce al bacino del marina di Veghel. Ho sottovalutato il caldo: appena fermi, sento le conseguenze di un colpo di calore e della disidratazione, con crampi dappertutto, specialmente alle gambe. Una doccia fresca mi rimette un po’ in sesto, ma la notte sono costretto a dormire sul ponte, perché non riesco a stare sdraiato senza alzarmi per più di mezz’ora a causa dei crampi. Devo stare più attento, bere molto, e scambiarmi al timone più spesso! Le grandi chiuse olandesi ‘a salire’, appena dopo essere entrati, e appena prima di uscire.
26 luglio, venerdì: Veghel - Maasbracht [63 km, 9 chiuse, 4 ponti apribili, 9h] La mattina mi sento già meglio, anche se non ho dormito molto, ma mi tengo comunque a portata di mano una bottiglia d’acqua. Partiamo alle 8:45 proseguendo verso sud. Alle 13 entriamo nel Zuid-Willemsvaart, fiancheggiato da filari di alberi oltre ai quali si vedono i campi coltivati e i pascoli. La nostra tecnica di ormeggio nelle chiuse sta migliorando a vista d’occhio. Le acque interne sono molto ben segnalate, con un codice condiviso da tutti i Paesi che contempla una quantità di segnali in confronto ai quali il codice della strada è un gioco da bambini. Oltre alla convenzione secondo cui la riva destra e quella sinistra sono sempre relative alla direzione di discesa di un fiume o di un canale, bisogna ricordarsi il senso delle boe laterali (rosso a destra e verde a sinistra scendendo e viceversa salendo) che cambia quindi da canale a canale, i segnali per il passaggio sotto le arcate del ponte, quelli sul pescaggio, la larghezza, l’altezza (poco importante per noi), la direzione obbligata da una parte o dall’altra di ostacoli o isole ecc. Il manuale del CEVNI (Code Européen des Voies de la Navigation Intérieure), che è obbligatorio avere a bordo, è un faldone di 200 pagine!
Alle 17:45 attracchiamo allo jachthaven Van den Laan di Maasbracht. La temperatura è scesa e il tempo si sta guastando. La doccia questa volta la facciamo calda. 27 luglio, sabato: Maasbracht - Maastricht [41 km, 2 chiuse, 5h30] Partiamo alle 10 verso Maastricht, dove abbiamo appuntamento con Yvonne. Nel Julianakanaal passiamo la chiusa di Maasbracht, la più alta finora: 21 metri di dislivello. Arriviamo alle 15:30 nel ‘t-bassin di Maastricht, in pieno centro città, dove staremo due giorni. Piove. I servizi sono ottimi, anche se per fare acqua siamo costretti a giuntare tre tubi insieme perché il rubinetto è a 50 metri di distanza, sotto al ponte.
28 luglio, domenica: Maastricht Fermi a Maastricht, con giro in città e in particolare alla piazza Vrijthof e alle chiese di San Giovanni e San Servazio. Una fermata in Boschstraat, dove si trova una delle più antiche birrerie della regione, è d’obbligo. Poi una volta rientrati, un po’ di check al motore: olio, decantatore del gasolio e filtro dell’entrata dell’acqua di mare, dal quale togliamo 5 cm di alghe e melma verde. Alle 18 arriva Yvonne. Piove tutto il giorno. I postumi del colpo di calore sono passati completamente. Facciamo una spesa completa, con qualche difficoltà a trovare un supermercato aperto di domenica. Il ‘t bassin di Maastricht e la piazza Vrijthof. 29 luglio, lunedì: Maastricht - Liegi [28,5 km, 1 chiusa, 4h] Partiamo alla 9:40. Alle 11 passiamo la chiusa di Lanaye, che segna il confine tra Olanda e Belgio, dove aspettiamo un po’ per l’arrivo di una grossa chiatta. All’interno c’è molto più traffico del solito, specialmente di piccole barche a motore. Entriamo nella Mosa: è tornato il sole e le temperature sono accettabili.
Alle 13:30 entriamo nella darsena del Port des Yachts di Liegi, prendendo l’ultimo posto in banchina per una barca lunga come la nostra. Buone risorse. Giro in città, carina ma senza strafare. In compenso, siamo entrati nel regno della birra! Ci sono più birrerie che pedoni in giro e la birra bianca belga o la trappista che si trova da queste parti è veramente squisita!
. 30 luglio, martedì: Liegi - Huy [34,5 km, 2 chiuse, 5h30] Partenza alle 9:30, con molta difficoltà con le batterie. Oggi è meglio non spegnere il motore nelle chiuse, poi faremo un check quando ci fermiamo. Aspettiamo 30 minuti alla chiusa di Neuville. Alle 15 arriviamo alla darsena del porticciolo di Huy, che ci sembra troppo piccolo per noi e non si riesce a vedere all’interno a causa dell’alto muro. Non ci fidiamo a entrare senza sapere cosa ci aspetta, perché all’interno potrebbe non esserci abbastanza spazio di manovra per noi, contrariamente a una barchetta a vela danese che entra sparata. Ci fermiamo quindi di punta sul muro esterno per andare a dare un’occhiata, e riusciamo a vedere un buon tratto libero lungo la parte interna del muro, subito dopo l’ingresso, dove andiamo a ormeggiarci. Serriamo tutti i collegamenti elettrici di batterie, ripartitore e motorino di avviamento. Il problema sembra risolto e il motore riparte al primo colpo. La sera ceniamo al bistrot del porto, all’aperto, molto gradevole. 31 luglio, mercoledì: Huy - Namur [30 km, 2 chiuse, 5h] Partenza alle 9:30 verso Namur dove ci fermeremo un giorno. Le due chiuse di oggi ci fanno perdere un po’ di tempo. Alla chiusa des Grands Malades, appena prima di Namur, prendiamo a coppia una barca danese più piccola perché non c’è altro posto. Alle 14:30 ormeggiamo al Port de Jambes di Namur. Finalmente riusciamo a convincere il nostro log a ragionare in kilometri, cosa che ci semplifica la vita. In capitaneria ci avvisano che la chiusa n.7 a sud di Namur è rotta, ma ne sapranno di più domani. Facciamo conoscenza con Per e Mette, la coppia di La Cane, la barca a vela danese incontrata alla chiusa des Grands Malades (e ancor prima a Huy), e condividiamo con loro la preoccupazione per il ritardo: vedremo domani. Il tempo è nuvoloso ma non piove. Namur è a circa 40 km dalla frontiera francese, alla confluenza tra Mosa e Sambre: ci arrampichiamo fino alla cittadella sulla sponda opposta della Mosa, dalla quale si domina tutta la città e i due fiumi. L’equipaggio si sta comportando benissimo: vero è che in navigazione non c’è molto da fare, ma ormai nelle manovre tutti hanno preso la mano e fanno bene il loro dovere. La parte più divertente per me è sempre la preparazione serale al carteggio per l’indomani. Poi, una volta ormeggiati, tutti si scatenano a terra.
1° agosto, giovedì: Namur Pessime notizie: la chiusa n.7 a sud di Namur è veramente rotta, e non prevedono di riuscire a sistemarla prima di martedì 6. Ma il problema più grave è che, a causa della siccità, la Mosa canalizzata è stata chiusa a metà strada tra Sedan e Verdun, cioè a un centinaio di kilometri al nostro sud. Chiamo al telefono la VNF (cioè Voies Navigables de France, l’agenzia che gestisce le acque interne francesi) e la simpatica signorina che mi risponde mi conferma che non solo la Mosa è stata chiusa a sud di Sedan, ma che a causa della siccità la maggior parte dei canali che attraversano la Borgogna, come il canale di Borgogna ma in particolare il canal des Vosges che vorremmo percorrere noi, è chiusa per mancanza di acqua: in una parola, l’itinerario previsto non è fattibile. Studiamo un percorso alternativo: abbiamo la completa cartografia elettronica di tutta la Francia e anche la guida della Cruising Association copre la totalità di Belgio e Francia. Namur è in una posizione privilegiata per cambiare itinerario e in effetti c’è un’alternativa possibile per non restare bloccati qui, facendo un giro lungo verso ovest sulla Sambre e l’Escaut, poi a sud sul canale di Saint-Quentin e l’Oise e poi a est risalendo la Senna fino a Parigi. Cerco di informarmi via Internet se è possibile trovare un posto per lasciare la barca a svernare nei pressi di Parigi e scrivo una mail a Vassili di H2O per dirgli del cambiamento di programma e del fatto che probabilmente ad Auxonne non ci arriveremo proprio. Io devo comunque rientrare a Milano entro lunedì 2 settembre al più tardi. Intanto facciamo una spesa completa e il pieno di acqua. Col gasolio non dovremmo avere problemi: abbiamo fatto 45 ore a motore finora, quindi abbiamo consumato circa 180 litri dei 400 che tiene il nostro serbatoio. Claudio e Yvonne, che dovevano sbarcare verso il 5, e Peter, che doveva farlo verso il 10, incominciano a studiare il cambio di itinerario e di voli: anche per loro bisognerà fare dei piani precisi. A metà pomeriggio mi risponde Vassili con una mail che ci ridà speranza: dice che, se riusciamo ad arrivare a Parigi, allora possiamo risalire la Marna e il suo canale laterale e poi scendere lungo il canale tra Champagne e Bourgogne, che per quanto ne sa lui al momento è aperto, con 1,7 metri d’acqua garantiti, e rimane l’unica via navigabile per attraversare la Francia centrale. Richiamo la VNF per avere conferma ed è proprio così, quindi la decisione è presa e per il momento lasciamo perdere l’idea di svernare a Parigi. Ne parliamo con gli amici di La Cane: loro hanno l’albero in coperta, e stavano già pensando di tornare indietro fino ad Anversa, rialberare e uscire in mare; il loro programma era quello di arrivare in Mediterraneo e poi con calma fino alle Canarie, prima di fare inversione e ritornare lentamente in Danimarca via mare. La cittadella di Namur vista dalla Mosa. La città vista dalla cittadella, sul lato della Sambre ... ... e dal tavolino di una birreria. Dopo il nostro racconto, dato che non hanno carte dettagliate e il loro francese è alquanto scarso, Per e Mette ci chiedono se siamo d’accordo che ci vengano dietro. Ovviamente siamo d’accordo! Gli spieghiamo che non sarà una crociera di tutto relax, visto che stiamo allungando la strada e che dovremo fare i conti con l’orario di servizio delle chiuse, che per il diporto è dalle 9 alle 19 e non si può viaggiare di notte. Inoltre la programmazione dovrà essere scrupolosa: nello scollinamento del canale di Saint-Quentin c’è un tunnel (come in tutti gli scollinamenti, per garantire la riserva d’acqua a monte delle chiuse più alte), anzi ce ne sono due, ma in questo caso nel tunnel di Riqueval, lungo 6 kilometri, è vietato andare a motore, si viene trainati da un rimorchiatore elettrico, e bisogna prenotare il passaggio. Infine, c’è un solo posto dove possiamo fermarci a Parigi, dato che è vietato sostare lungo le berges, ed è il bassin de l’Arsenal, dietro alla Bastiglia, che rischia a ferragosto di essere pieno come un uovo. Dato che a loro va bene, decidiamo di partire l’indomani. Dovremo anche fare attenzione, perché La Cane pesca 1,7 m, 20 centimetri in più di noi, quindi nella situazione attuale è veramente al limite per il canale Champagne-Bourgogne; ma Per e Mette sanno quello che li aspetta (e noi anche) e non sono preoccupati di ‘strisciare’ un po’, se questo vuol dire arrivare a destinazione. Speriamo bene. In città cerchiamo delle guide cartacee della Marna e del canale Champagne-Bourgogne, per avere qualche informazione in più, ma senza risultato.
2 agosto, venerdì: Namur - chiusa di Viesville [59 km, 9 chiuse, 11h] Partiamo alle 8:30 ed entriamo nella Sambre, in trenino con La Cane, con una barca a motore olandese e con una chiatta commerciale belga che ci apre la strada alle chiuse, visto che loro hanno la priorità. Le chiuse però iniziano a essere tante: stiamo andando al limite della velocità consentita sui canali. Ogni tanto ci guardiamo indietro per vedere se La Cane è sempre lì, ma loro non hanno difficoltà a tenere la nostra stessa velocità, tra i 9 e i 10 km/h. A Charleroi abbandoniamo la Sambre ed entriamo nel canale da Charleville a Bruxelles, in un panorama costellato da vecchie fabbriche abbandonate, un paradiso per gli amanti di archeologia industriale, come Yvonne. La Cane si prende un sacchetto di plastica nell’elica, ma dopo qualche manovra riesce a sbarazzarsene. Tornati nel verde, alle 19:30 ci fermiamo sulla sponda destra, appena prima della chiusa di Viesville, già fuori servizio per l’orario. Questa è la prima di tante soste in mezzo al nulla, ormeggiati direttamente su un prato, senza luci di notte, senza rumore, che costituiscono un ricordo indimenticabile.
3 agosto, sabato: chiusa di Viesville - Péruwelz [68 km, 4 chiuse, 1 ascensore, 10h] Partenza alle 8:30, per la prima apertura della chiusa che è di fronte a noi. Alle 10:30 entriamo nel canal du Centre e dopo poco avvistiamo da lontano la torre dell’ascensore di Strépy-Thieu, un’opera di ingegneria che permette alle barche di fare un salto di 73 metri, davvero impressionante! Si entra in un bacino grande come quello di una grossa chiusa, ed è l’intero bacino che sale e scende con tutto il suo contenuto di acqua e barche. Ormeggiamo alle 11:30 alle banchine di attesa e facciamo un giro per l’installazione perché dobbiamo aspettare il secondo lift, poiché il primo è già occupato da una grande chiatta. L’operazione in sé dura una mezz’oretta, ma fra attesa del lift, entata e uscita, alla fine passano 4 ore.
Usciti dall’ascensore e passate le ultime due chiuse del canal du Centre, alle 16 entriamo nel canale Nimy-Blaton-Péronnes. Dopo una telefonata per sapere se c’è un posto per noi, alle 18:15 entriamo nel piccolo bassin du Moulin a Péruwelz, con La Cane a coppia di Ecland. Prima che sia troppo tardi prenotiamo al telefono il passaggio del tunnel di Riqueval per giovedì 8. In navigazione nell’Escaut. 4 agosto, domenica: Péruwelz - Cambrai [77 km, 13 chiuse, 10h] Partenza alle 9. Alle 10:40, passate le due chiuse di Péronnes, entriamo nell’Escaut, e dopo mezz’ora siamo in Francia, passando di fianco alla vecchia stazione doganale, un po’ diroccata. La giornata è movimentata. Dopo la chiusa di Pont-Malin, l’ultima dell’Escaut superiore, giriamo nel canale laterale all’Escaut e, nel tentativo di entrare in un’ansa chiamata Bassin Rond per passare la notte, ci infanghiamo su 1,2 metri d’acqua. Con un po’ di fatica e usando il motore a pieno regime avanti e indietro per scavare un solco nel fango, dopo mezz’ora riusciamo a uscirne e proseguiamo verso sud per andare a cercare una sosta alternativa. Alle 18 arriviamo alla chiusa di Iwuy, la prima ad avere bisogno del telecomando per essere manovrata in autonomia, ma è un po’ tardi ed è domenica. Ormeggiamo appena prima della chiusa in modo un po’ precario sull’argine erboso, ma proviamo comunque a chiamare l’operatore itinérant dall’intercom all’interno della chiusa, il quale arriva in 15 minuti! Dato che sta tornando a casa sua, ci propone di proseguire e passare le ultime 4 chiuse fino a Cambrai, precedendoci col suo furgone per prepararci le chiuse in modo da non perdere tempo, visto che alle 19 deve chiudere tutto; ci fa anche capire di dimenticarci dei limiti di velocità e non lesinare sul gas! Gentile davvero: quando gli offriamo una birra, ci risponde ridendo che ci sono troppe telecamere in giro! Quindi, navigando a manetta (12 km/h), con l’operatore davanti a noi e le chiuse aperte, facciamo gli ultimi kilometri. Le chiuse iniziano a essere veramente minuscole. L’operatore ci chiede se Ecland e La Cane viaggiano sempre insieme e, dietro risposta affermativa, ci dà un unico telecomando, dicendoci solo di fare attenzione a non lasciare mai troppo spazio tra la poppa di Ecland e la prua di La Cane sia in entrata sia in uscita delle chiuse, in modo che la fotocellula pensi che sia una barca sola. Alle 19:15 ormeggiamo nel bel porticciolo di Cambrai, attaccandoci a due alberi perché lungo l’unica banchina abbastanza grande per noi non ci sono bitte.
5 agosto, lunedì: Cambrai Fermi a Cambrai per riposo e rifornimento, anche perché domani sbarcheranno Claudio e Yvonne. Giro in città, check motore, olio, filtro acqua ecc. Ne approfittiamo anche per prenotare via internet un posto per Ecland e per La Cane al bassin de l’Arsenal a Parigi per il 14 e il 15 agosto, che ci viene confermato, e a nostra volta confermiamo a Giorgia, che doveva imbarcarsi da qualche parte a ferragosto, di raggiungerci a Parigi. Facciamo una spesa completa, docce a volontà e pieno di acqua; anche qui, la ricerca delle guide di Marna e canale Champagne-Bourgogne non dà frutti, e alla fine telefono a Marco e Rossella, i miei soci che sono a Parigi in questo momento, per farmele procurare da loro. La sera ceniamo a bordo di Ecland con Per e Mette, che avendo notato le nostre abitudini arrivano con una bottiglia di gin per l’aperitivo. Dalla chiusa di Iwuy fatta ieri, con poche eccezioni, le chiuse da qui in poi saranno piccolissime, secondo la stazza Freycinet: 5,06 m di larghezza (Ecland è largo 4,56), 38,5 m di lunghezza (quindi giuste per Ecland + La Cane con qualche metro di margine) e, nominalmente, 1,80 m di profondità, ma questo dipenderà anche dalla siccità. Funziona così: a ogni estremità della chiusa c’è un semaforo triangolare, con tre luci: due rosse e una verde. Il verde da solo significa che puoi entrare (e quindi le porte sono già aperte); un rosso e un verde significano che la chiusa è in preparazione per te (si sta svuotando o riempiendo, a seconda che tu stia salendo o scendendo); un rosso da solo significa che la chiusa è impegnata (generalmente da qualcuno che sta venendo nell’altro senso); e infine due rossi, che significano che la chiusa è fuori servizio, cosa che speriamo di non vedere mai. Le chiuse sono quasi tutte automatizzate, con un telecomando, con cui richiedi l’apertura, oppure con una lunga pertica che pende in mezzo al canale a un centinaio di metri prima della chiusa, e che bisogna girare per ottenere lo stesso effetto. Una volta dentro, si lancia il “bassinage” (cioè l’operazione di chiusura delle porte di entrata, riempimento o svuotamento del bacino e apertura delle porte di uscita) con lo stesso telecomando, oppure più spesso alzando un’asta azzurra che si trova su uno dei due muri della chiusa: l’asta rossa che si trova di fianco invece serve per chiedere assistenza in caso di problemi (ma in questi casi è più efficace il telefono). Per i ponti da aprire perché troppo bassi, funziona tutto esattamente allo stesso modo.
6 agosto, martedì: Cambrai - Vendhuile (tunnel di Riqueval) [27 km, 17 chiuse, 6h] Al mattino sbarcano Claudio e Yvonne. Facciamo il pieno di gasolio (185 litri, il che ci fa capire che consumiamo un po’ meno del previsto). Durante l’attesa della pompa di gasolio parliamo con Svein Bruseland, a bordo di una barca norvegese grande come Ecland che ha fatto in direzione opposta la stessa strada che stiamo facendo noi, e l’ha fatta senza problemi pescando 1,8 m. Quindi siamo ottimisti. Gli prestiamo le carte di dettaglio dei canali olandesi, con promessa di restituzione via posta alla fine della crociera. Al termine delle operazioni partiamo verso le 10. Nessun problema con le chiuse a telecomando, anche perché noi entriamo a passo di lumaca, dato il poco margine di larghezza; una volta dentro, noi più La Cane riempiamo la chiusa anche in lunghezza. Alle 16 arriviamo a Vendhuile, appena prima del tunnel di Riqueval, per vedere di anticipare di un giorno il nostro passaggio prenotato. Al telefono c’è una segreteria telefonica, e pare che il rimorchiatore funzioni una sola volta al giorno nei due sensi. Vedremo domattina. In attesa del ‘filobus’ a Vendhuile: mancano ancora 4 clienti. 7 agosto, mercoledì: tunnel di Riqueval - Saint-Quentin [26 km (di cui 7 trainati), 5 chiuse, 2 tunnel, 7h] Alle nove in punto, con gran sferragliare, arriva il nostro filobus: è una chiatta bifronte che si muove salpando una catena depositata sul fondo da prua e rilasciandola cadere da poppa, grazie a un motore elettrico alimentato da un pantografo che prende energia dai cavi fissati sul cielo del tunnel. L’equipaggio è gentile, informale e ci faranno passare in mattinata. Saremo anche i primi della fila perché siamo i più grandi delle 7 barche presenti per il transito, e le barche vengono messe in ordine di peso e lunghezza. Per mezz’ora c’è quindi un gran movimento di barche sulla sponda del canale per metterci nelle posizioni giuste, dietro indicazioni dell’equipaggio del filobus. Quando gli domandiamo a chi dobbiamo pagare il passaggio, ci rispondono che ci arriverà la fattura a casa! In effetti siamo tutti registrati: per poter percorrere i canali francesi, contrariamente a Olanda e Vallonia belga dove non si paga nulla, la VNF chiede infatti il pagamento di una ‘vignetta’ come quella delle autostrade svizzere, e i nostri dati sono entrati nel database che la VNF controlla regolarmente: la vignetta costa circa 185 euro per un mese per una barca di 15 metri, e sono soldi molto ben spesi, perché gli impiegati della VNF saranno i nostri angeli custodi per tutta la parte francese del viaggio.
Alle 9:50 si parte, con qualche problema per mantenere la direzione, perché con 6 barche attaccate dietro che tirano ciascuna nella propria direzione, non è facile andare dritti. Nel tunnel fa veramento freddo, e il filobus viaggia all’incredibile lentezza di 2 km/h! Alle 12 finalmente usciamo a riveder le stelle... solo per fermarci alle 12:50 in attesa della luce verde del secondo tunnel, quello di Lesdins (in realtà, in attesa che gli operatori finiscano di pranzare). Fuori anche dal secondo tunnel, scopriamo che in questa parte del canale non è possibile passare in due con un solo telecomando, e che quindi l’operatore di Iwuy si era sbagliato. Dopo aver contattato la VNF spiegando il problema, siamo seguiti costantemente da un operatore itinérant sul suo furgoncino, gentile e disponibile; l’unico problema è che ogni itinérant serve 5-6 chiuse, quindi ogni tanto è necessario un passaggio di consegne. All’ultima chiusa della giornata ci viene dato il numero di telefono dell’itinérant successivo, già avvertito che chiameremo alle 9 di domattina per metterci d’accordo. Purtoppo le alghe sono diventate un vero problema: il canale ne è pieno, dovremo fare attenzione.
Alle 16 ormeggiamo al port de plaisance di Saint-Quentin; l’ufficio è chiuso, ma il proprietario di un’altra barca ci dà il codice di accesso per uscire (e rientrare) dal marina. A parte il cancello, il posto sembra completamente abbandonato e non c’è alcun servizio. 8 agosto, giovedì: Saint-Quentin - Chauny [40 km, 13 chiuse, 6h] Molliamo gli ormeggi alle 8:45 con qualche problema nel far partire il motore: occorrono circa 10 secondi di motorino quando è freddo. Alle 9 chiamiamo l’itinérant delle chiuse 22-25. Ci fermiamo alle 15 alla halte nautique di Chauny, dopo aver ricevuto il numero di telefono dell’itinérant per le ultime 2 chiuse di domani. Ci rendiamo conto che il ‘pacchetto’ Ecland + La Cane è ormai considerato come un’unica entità dal personale della VNF, e che loro sanno sempre esattamente dove ci troviamo. Tra l’altro, il solo fatto che a ogni passaggio riempiamo completamente una chiusa li rende felici, perché significa non sprecare mai acqua per una sola barca, e in periodo di siccità questo è importante. Vista l’ora, facciamo un giro nel piccolo ma gradevole paesino. Con Per e Mette abbiamo ormai messo a punto un sistema che funziona: ci riuniamo la sera per guardare le carte e le distanze e decidere in linea di massima dove fermarci il giorno dopo e a che ora partire; durante la navigazione La Cane sta sempre a poca distanza, e quando rallentiamo per entrare in una chiusa loro si avvicinano ancora di più; quando poi rallentiamo per esaminare una possibile sosta, siamo abbastanza vicini per segnalarci a gesti se va bene a entrambi, anche se in genere è così. A volte comunichiamo via VHF, ma solo in caso di necessità.
9 agosto, venerdì: Chauny - Compiègne [41 km, 4 chiuse, 5h] Partenza alle 10, e sempre con l’aiuto dell’itinérant della VNF facciamo le ultime due chiuse del canale di Saint-Quentin per le quali è necessario il telecomando, dopodiché lo restituiamo all’ultima chiusa. Alle 14 entriamo nell’Oise, dove le chiuse ridiventano più grandi e sono tutte comandate da un operatore da chiamare via VHF, come al solito. Gli operatori sono sempre gentili e tendono a parlare solo in francese, cosa che per noi non è un problema; nella richiesta di apertura sono interessati solo a due informazioni, che bisogna dar loro in modo chiaro: che siamo un plaisancier (e non un commerce) e se stiamo salendo (montant) o scendendo (avalant); come risposta, oltre ai convenevoli del caso, loro rispondono solo di aspettare o di passare, tutto molto semplice! Alle 15 ormeggiamo contro il muro della sponda sinistra a Compiègne, direttamente sull’Oise, su un fondo talmente basso che La Cane riesce a piantarsi nel fango al primo tentativo. 10 agosto, sabato: Compiègne Stiamo fermi a Compiègne, perché domani sbarcherà Peter. Ne approfittiamo per sistemare definitivamente l’impianto elettrico, in cui troviamo il negativo delle batterie motore veramente molle. Rivediamo tutti i collegamenti: adesso il motore parte sempre al primo colpo, e la ricarica delle batterie funziona decisamente meglio. Spesa completa e giro in città, con visita alle cattedrali e al castello di Compiègne, una piccola Versailles che fu residenza reale di Luigi XV, distrutto durante la rivoluzione e ricostruito da Napoleone che lo usò come residenza di campagna.
11 agosto, domenica: Compiègne - chiusa di Boran [55 km, 4 chiuse, 7h] Sbarca Peter, praticamente all’alba. Partiamo alle 9. Dopo aver passato la chiusa di Venette, vediamo uscire fumo bianco dal motore e ci fermiamo subito sul molo di attesa all’uscita dalla chiusa. Incredibile, ma abbiamo ancora acqua nel carter dell’olio! È lo stesso inconveniente che avevamo avuto a Riga due anni fa e che pensavamo fosse dovuto a un sabotaggio, dato che sul nostro Perkins non c’è alcun passaggio tra circuito di acqua di mare e carter dell’olio. Inoltre a Riga avevamo smontato il motore dalla barca e fatto una completa revisione al banco, e tutto era perfetto. Svuotiamo il carter e cambiamo olio e cartuccia, senza capire come possa essere successo ancora una volta. Dopo un’ora riprendiamo la strada con il motore che gira normalmente, senza fumo. I tentativi di trovare un ormeggio a Creil non dà frutti, così come negli altri paesini più a sud, quindi proseguiamo. Alle 16:40 ci ormeggiamo alla banchina di attesa della chiusa di Boran, fuori dal traffico, su autorizzazione dell’operatore della chiusa. Il posto è stupendo, nel nulla, su una piccola isola in mezzo all’Oise, senz’altro rumore che non sia l’acqua che scorre nel barrage dall’altra parte dell’isola. 12 agosto, lunedì: chiusa di Boran - Pontoise [27 km, 2 chiuse, 3h] Dopo la vicenda di ieri, prima di partire facciamo un check del livello dell’olio e ... troviamo ancora acqua. Spurghiamo 3 litri di acqua e mezzo litro di olio e, dato che il motore non ha girato e quindi quell’acqua, entrata durante la notte, non è andata in circolo, ci limitiamo ad aggiungere olio fresco, senza toccare il filtro. A questo punto decidiamo di chiudere la leva di entrata dell’acqua di mare nel circuito di raffreddamento ogni volta che ci fermiamo, perché rimane l’unica via di entrata possibile, anche se nessuno si spiega come faccia a passare nel carter dell’olio. Alle 9 comunque partiamo e alle 12 attracchiamo alla halte nautique di Pontoise, ultimo paese prima della confluenza con la Senna. Chiudiamo l’entrata dell’acqua di raffreddamento: vedremo domattina. Sistemiamo anche i collegamenti delle batterie dei servizi che davano problemi, come giorni fa quelle del motore. Per essere sicuri dello stato del nostro motore dopo l’entrata d’acqua, facciamo comunque un check e uno spurgo degli iniettori e del circuito di alimentazione. Dopo aver fatto cambusa compriamo anche 8 litri di olio motore in una stazione di servizio, visto che le nostre riserve si stanno rapidamente esaurendo. 13 agosto, martedì: Pontoise - Île Saint-Denis [57 km, 2 chiuse, 6h] Per prima cosa facciamo un check dell’olio motore, che è ok: forse abbiamo finalmente capito da dove entra l’acqua? Forse, anche se non capiamo in che modo! L’importante è non perdersi d’animo. Anche lo starter del motore funziona bene. Alle 8:30 partiamo, passiamo la chiusa di Pontoise e alle 10 entriamo nella Senna al Pk 71, con molto meno traffico del previsto. Dato che siamo in anticipo di un giorno e nessuno ci corre dietro, alle 14:30 ci fermiamo in coppia di una chiatta-bar chiusa per ferie, al Pk 28 della Senna, nel braccio di sinistra dell’Île Saint-Denis, completamente fuori dal traffico. La Cane viene a coppia. Telefoniamo a Marco e Rossella e al port de l’Arsenal di Parigi per confermare del nostro arrivo l’indomani in mattinata: dovremo chiamare l’Arsenal su VHF 9 quando saremo pronti a passare la chiusa. 14 agosto, mercoledì: Île Saint-Denis - Parigi [28 km, 2 chiuse, 4h] Partiamo alle 9, dopo un check all’olio, sempre ok, e alle 12:30, dopo aver attraversato Parigi ed essere passati di fianco al Louvre, sotto il Pont Neuf e dietro l’abside di Notre-Dame in riparazione dopo il devastante incendio di aprile, arriviamo davanti alla piccola chiusa che separa la Senna dal bassin de l’Arsenal. Per me, che a Parigi non ho mai messo piede su un bateau-mouche, la città vista dalla Senna è uno spettacolo: non solo il centro, anche la Défense, vista dall’acqua, assume un aspetto diverso. L’ingresso a Parigi è uno di quei momenti topici e indimenticabili, come lo sono state l’entrata a New York nel 2000 e quella a San Pietroburgo nel 2017; dobbiamo ringraziare l’anno di siccità per averlo potuto fare. Marco e Rossella ci hanno seguiti in bicicletta dalle berges, mentre Ecland e La Cane attraversavano la città, facendo un servizio fotografico straordinario! Dopodomani verranno con noi per un giorno. Alle 13 entriamo nel bassin de l’Arsenal, dove Marco è già arrivato per darci una mano con gli ormeggi, oltre a consegnarci le guide di Marna e canale Champagne-Bourgogne che gli avevo chiesto. Siamo in pieno centro, a 200 metri dalla Bastiglia. La sera, cena tutti insieme in un ristorante egiziano. Domani Giorgia arriverà verso le 13.
15 agosto, giovedì: Parigi Fermi a Parigi, dove Per e Mette non sono mai stati. Ci rilassiamo: spesa, pieno acqua, check dell’olio (non si sa mai...); otteniamo anche l’autorizzazione dal marina per scaricare in un bidone di olio esausto le taniche di olio misto ad acqua che abbiamo raccolto negli ultimi giorni. Bighelloniamo un po’ per il Marais e i quartieri intorno alla Bastiglia. Alle 14 arriva Giorgia. Cerchiamo anche dei picchetti un po’ lunghi da usare per ormeggiare in mancanza di bitte o altri appigli, perché abbiamo letto che sul canale Champagne-Bourgogne spesso non ci sono bitte nelle halte nautiques ed è vietato attaccarsi agli alberi, visto che tra l’argine e gli alberi c’è sempre una stradina di servizio percorsa a tutta velocità dai furgoncini della VNF. Non trovandoli, compriamo un tubo da gas di zinco da un metro e mezzo e ce lo facciamo tagliare da un fabbro in pezzetti da 40 cm. 16 agosto, venerdì: Parigi - chiusa d’Isles [72 km, 9 chiuse, 1 tunnel, 9h] Alle 8 siamo pronti e alle 8:15 usciamo dalla chiusa dell’Arsenal, insieme a Marco e Rossella che staranno con noi per una giornata. Alle 10, usciti dalla chiusa e dal tunnel di Saint-Maur, entriamo nella Marna, verso est.
Le chiuse qui sono più grandi della stazza Freycinet, con una portata delle saracinesche di riempimento davvero enorme: Franco, a prua, deve lavorare non poco con la cima per tenere la barca dritta!
Lungo la Marna attraversiamo una zona fittamente popolata, una serie di villaggi carini, non solo luoghi di villeggiatura, con gente che pesca dalla riva, una quantità di cigni che nuotano indisturbati e di aironi cinerini che ci stanno a guardare. La fauna aviaria della Marna. Più in là, lungo il canale laterale alla Marna che fiancheggia il fiume quando il suo pescaggio non ne consente più la navigazione, il paesaggio ritorna più bucolico.
La giornata è stupenda e la navigazione veramente gradevole: Rossella si dà fare con il suo reportage fotografico. Alle 15, al passaggio della chiusa di Meaux, Marco e Rossella sbarcano, e dopo averci mollato gli ormeggi, prendono il treno per rientrare a Parigi.
Ormeggiamo alle 17:20 subito dopo la chiusa di Isles-les-Meldeuses, con un paio di picchetti nell’erba. Ancora una volta la calma e il silenzio sono totali. 17 agosto, sabato: chiusa d’Isles - Château-Thierry [64 km, 5 chiuse, 7h] Partiamo alle 9; il tempo è veramente moscio. Alla chiusa di Saint-Jean ci viene consegnato il telecomando per le prossime chiuse automatizzate: l’operatore ci dice che possiamo usarne uno solo se entriamo abbastanza vicini, ma per sicurezza ce ne dà uno a testa, non vorremmo si ripetesse il problema avuto nel canale di Saint-Quentin. Nei canali francesi più larghi, un po’ prima delle chiuse esistono degli ormeggi di attesa per le chiatte, costituiti da una coppia di piloni azzuri che sporgono dalla riva, con una passerella per scendere a terra, ma sono fuori misura per noi: li affianchiamo talvolta per aspettare l’apertura di una chiusa, ma non oseremmo mai passarci la notte. Alle 16 ci ormeggiamo alla banchina a est del ponte di Château-Thierry: un po’ fuori città, ma al pontile della halte nautique non c’era posto. Il problema delle alghe nella Marna è più grave che altrove: d’ora in avanti dovremo verificare regolarmente il filtro dell’acqua. 18 agosto, domenica: Château-Thierry - Château-Thierry [2 km, 2h di cui 1h30 al traino di La Cane] Partiamo alle 9. Dopo mezz’ora, fumo e niente acqua in uscita dal motore! Da una rapida occhiata in sala macchine vedo che la girante della pompa di acqua di mare non gira. Spegniamo tutto e ci facciamo trainare da La Cane in banchina, nel posto dal quale eravamo partiti mezz’ora prima. Dopo aver lasciato raffreddare un po’ il motore, entro in sala macchine e inizio a smontare la pompa: l’accoppiamento tra la pompa e l’albero a camme è completamente distrutto: dalla parte della pompa c’è la componente femmina dell’accoppiamento, che invece di avere una fessura larga 4 mm e lunga 2 cm, ha una massa informe slabbrata a entrambe le estremità; dal lato dell’albero a camme c’è la componente maschio dell’accoppiamento, in cui la linguetta corrispondente si è ridotta da 2 cm a pochi millimetri. Non c’è da stupirsi che la pompa non giri più. È un vero disastro. Oggi è domenica e non si può fare niente. Per di più si è messo a piovere. Posso solo cercare i numeri delle due parti dell’accoppiamento nel manuale d’officina che ho a bordo, e vedere se si trovano ancora. Il motore è un vecchio Perkins Prima M60 che non viene più costruito, ma so che esiste un fornitore inglese online, che si chiama parts4engines.com, che ho già usato altre volte, che tiene i pezzi di ricambio dei vecchi Perkins. La linea è buona, e vado subito in Internet a vedere: il loro sito mi dice che l’accoppiamento lato pompa non è disponibile, mentre la pompa intera e l’accoppiamento lato albero a camme lo sono. È già qualcosa. Per ora non posso fare di più, vedremo domani. Il mio umore è veramente nero. Per mi dice che La Cane ci aspetterà per tutto il tempo necessario: un vero amico.
19 agosto, lunedì: Château-Thierry Mi alzo di buon’ora e per prima cosa cerco un’officina per vedere se sia possibile in breve tempo recuperare i pezzi in Francia. Dopo un po’ di ricerca arrivo all’officina Fevrier; sono molto gentili e con i numeri dei pezzi contattano un fornitore di Liegi che nel giro di mezz’ora risponde che potrebbe farli arrivare dall’Inghilterra in 3-4 giorni. Probabilmente è il mio stesso fornitore, quindi lascio perdere e chiedo a Fevrier se posso usare il loro indirizzo per il recapito di un pacchetto da parte di un corriere; la risposta è affermativa. Tornato in barca, chiamo al telefono parts4engines.com per sapere se i pezzi sono effettivamente disponibili: la risposta è ancora una volta positiva. Gli chiedo quanto tempo pensano che possa metterci il pacchetto per arrivare a Château-Thierry, e loro mi rispondono che, facendo l’acquisto entro mezzogiorno e scegliendo UPS express come mezzo di consegna, potrei avere il pacchetto entro domani mattina. Grazie al cielo la linea Internet è buona e sono solo le 10:30: faccio l’ordine, metto l’indirizzo di Fevrier, i dati della carta di credito, scelgo UPS express e premo Invia. Il tutto mi costerà 380 sterline. Adesso non c’è che aspettare. Ha smesso di piovere e facciamo un giro al castello di Château-Thierry, uno dei castelli medievali più antichi della regione e che in altre condizioni sarebbe anche bellissimo. Oggi tra l’altro è il mio compleanno e la serata viene annegata nel gin tonic e in qualche bottiglia di rosso acquistata per l’occasione insieme agli amici di La Cane, che portano un po’ di beneficio al mio umore. Ho scaricato l’app di UPS con cui posso tracciare il nostro pacchetto, e prima di andare a dormire vedo che è in transito per la Francia. Speriamo bene. 20 agosto, martedì: Château-Thierry - Port-à-Binson [35 km, 3 chiuse, 7h] Passo la notte sognando ingranaggi che si rompono e pompe che perdono; alle 8 sono già in piedi e guardo l’app di UPS, che mi dice che il pacchetto è già arrivato a Liegi, quindi a un centinaio di kilometri da noi, e che è in transito. Incomincio a passeggiare nervosamente lungo l’argine; il mio equipaggio mi osserva un po’ preoccupato, probabilmente lo sono anche Per e Mette. Alle 10 in punto passa un impegato di Fevrier in bicicletta, gridandomi che c’è un pacchetto per me in officina. Incomincio a sentirmi meglio: i pezzi sono esattamente quelli giusti. Mi fiondo in sala macchine, cercando di fare le cose velocemente ma senza commettere errori: a mezzogiorno è tutto rimontato e, dopo qualche test, ripartiamo. Dopo 20 minuti abbiamo un abbassamento sensibile dei giri motore; spurghiamo aria dal filtro del gasolio, ma ritorniamo in banchina per un check più accurato. In realtà, muovendomi in sala macchine avevo fatto entrare aria nel tubo di alimentazione: ora sembra tutto ok. Ci riproviamo. Niente da fare: niente acqua dallo scappamento, rientriamo in banchina. Per e Mette sono sempre con noi... Controlliamo pompa e filtro, ma questa volta mi ero semplicemente dimenticato di riaprire la valvola dell’acqua di raffreddamento! Alle 13:30 ripartiamo per il terzo tentativo ed è la volta buona, tutto funziona. Verificando regolarmente quel che esce dallo scappamento del motore, riprendiamo la nostra andatura regolare; dopo tre chiuse ci sembra che il problema sia definitivamente risolto. Grazie parts4engines.com, grazie monsieur Fevrier, grazie UPS e grazie a tutto l’equipaggio, inclusi Per e Mette, per la pazienza! Ripartenza al terzo tentativo da Château-Thierry. Alle 17:45 attracchiamo alla halte nautique di Port-à-Binson (Pk 15), un posticino nemmeno menzionato sulle carte, appena prima del villaggio di Reuil. Il pontile, posizionato in un braccio della Marna protetto da un’isoletta, sembra nuovo: è completamente vuoto, ai margini di un’area di campeggio altrettanto deserta e con ben 3 metri di fondo. C’è perfino un idrante con l’attacco per la canna dell’acqua. Anche qui, i cigni vengono a farci visita all’ora dell’aperitivo, che mi godo senza più stress.
La Marna di prima mattina, con una leggera nebbiolina di condensa. 21 agosto, mercoledì: Port-à-Binson - Châlons-en-Champagne [50 km, 9 chiuse, 1 ponte apribile, 9h] Partenza alle 8, con una leggera nebbiolina di condensa adagiata sull’acqua che rende molto suggestivo il panorama. La prima chiusa è rotta, non reagisce al telecomando. Telefoniamo al centro VNF del nord-est, che fa arrivare un tecnico molto in fretta; è la prima chiusa che vedo con un pontile galleggiante al suo interno, dovuto al fatto che i due muri di contenimento sono inclinati. Alle 9 siamo passati. Dalla seconda alla terza chiusa avanziamo lentamente dietro a una péniche turistica, ma il tempo è bello e il morale è tornato alto. Prima della quarta chiusa, la péniche si ferma sulla riva per pranzo e noi riprendiamo la nostra consueta velocità.
Alle 17 ormeggiamo nel port de plaisance di Châlons-en-Champagne, bello ma affollato, tanto che dobbiamo metterci in una posizione un po’ precaria proprio lungo il muro di ingresso. Il posto però è stupendo e i servizi degni di un marina a 5 stelle. Facciamo un giro per vedere la cattedrale gotica e rabboccare gin e acqua tonica. La sera cerchiamo di sistemare un problema al cavo dell’invertitore che oggi ha dato qualche difficoltà di innesco, ma scopriamo che la colpa è solo della leva di comando interna, che non era stata lasciata completamente in folle durante le prove fatte sul motore. Ormeggio non proprio ortodosso all’ingresso del porto di Châlons-en-Champagne, e il suo relais nautique. 22 agosto, giovedì: Châlons-en-Champagne - Orconte [47 km, 14 chiuse, 8h30] Dopo il solito check di olio e alghe nel filtro dell’acqua, ripartiamo alle 8:30; abbiamo anche incollato un bel cartello sopra la chiave di accensione per non dimenticarci più la leva dell’acqua. Alle 13 passiamo di fianco a Vitry-le-François, dove lasciamo il canale laterale della Marna ed entriamo nel canale tra Champagne e Bourgogne. Alla chiusa n.71 di Désert consegniamo il vecchio telecomando e ne prendiamo uno nuovo, che ci servirà per tutto il canale. Le chiuse da qui in poi sono tutte di tipo Freycinet e iniziano a essere abbastanza ravvicinate. Anche il canale è stretto, giusto lo spazio per fare incrociare due barche in direzione opposta sfiorando la riva. Le previsioni sono esatte e troviamo per il momento 1,7 metri d’acqua al centro del canale: bisogna solo sperare che duri così fino in fondo. Intorno a noi, al di là dei boschetti che fiancheggiano il canale, le vigne della Champagne stanno lasciando il posto ai vigneti della Borgogna. Ormeggiamo alle 16:30 alla halte nautique di Orconte, dopo la chiusa 66: una semplice banchina lunga 30 metri in mezzo al bosco e un gabbiotto con acqua e servizi; non chiediamo di più. 23 agosto, venerdì: Orconte - chiusa di Autigny [44 km, 19 chiuse, 8 ponti apribili, 10h] Partiamo alle 8:30, davanti a una chiatta commerciale che ci lascia via libera; scopriamo così che anche il nostro telecomando, fatto per le barche da diporto, funziona prima delle 9, contrariamente a quanto ci avevano detto. Cerchiamo di fare più strada possibile, compatibilmente con le chiuse, con le quali abbiamo comunque preso le misure per entrare nel pertugio largo 5 metri senza toccare da nessuna parte. Al passaggio di uno dei tanti ponti apribili, La Cane rimane un po’ indietro e il ponte inizia a richiudersi proprio mentre sta imboccando la porta! Per riesce a fermare La Cane giusto in tempo con la retromarcia a fondo, meno male che la sua barca è leggera; deve ritornare un po’ indietro e far ripartire il sistema col suo telecomando. Lo aspettiamo in mezzo al canale e poi ripartiamo. In questo tratto del canale c’è una quantità incredibile di ponti apribili, con una ‘porta’ stretta come quella delle chiuse! Poco dopo, all’uscita del paese di Saint-Dizier, il ponte apribile non vuole saperne di rispondere al telecomando: rimane piantato sul rosso e verde, senza mai muoversi e passare al verde: dobbiamo chiamare l’itinérant della VNF, che dovrebbe essere vicino, dato che all’ingresso del paese abbiamo passato una chiusa con dentro qualcuno; ma poiché è ora di pranzo, ci fa aspettare. Alla fine, mentre siamo praticamente già a ridosso del ponte a causa di un po’ di vento, arriva e ci apre.
All’uscita dalla chiusa 53, una péniche in attesa di entrare in senso opposto è ferma esattamente in mezzo al canale, lasciando molto poco spazio per il passaggio tra lei e la riva, e senza intenzione di spostarsi. Con Ecland, a passo d’uomo, riusciamo a passare a una decina di centimetri dal suo bordo e dall’erba, su 1,5 metri d’acqua, ma quando tocca a La Cane, la péniche ha già iniziato a muoversi, e Per urta con la chiglia qualcosa di più duro del fango! Alla fine riesce a passare praticamente tirandosi sul bordo della péniche. Non sembra preoccupante, e ripartiamo. Alle 18:30, dopo 19 chiuse e 8 ponti apribili, ne abbiamo a sufficienza e attracchiamo sulla sponda del canale subito dopo la chiusa di Autigny (n.47), con nient’altro che poche case intorno. Dato che la corta banchina può accogliere una sola barca, e con appena 1,5 metri di fondo, La Cane viene a coppia e sporgiamo un po’ verso il centro del canale, ma dopo mezz’ora le luci della chiusa si spengono e il problema è risolto. Quello di oggi è comunque il massimo che si possa fare in una giornata su questo canale, e siamo tutti un po’ stanchi. Giorgia si è abituata in fretta al ritmo della crociera. Facciamo una riunione per rivedere il piano dell’itinerario ed essere il 26 (lunedì) a Langres in orario di apertura dei negozi e degli uffici della VNF, visto che dopo Langres c’è il tunnel di scavallamento del canale che va prenotato in anticipo: possiamo però permetterci di non fare più tirate troppo lunghe. 24 agosto, sabato: chiusa di Autigny - Vouécourt [32 km, 12 chiuse, 2 ponti apribili, 7h] Partiamo alle 8. Il tempo è bello, fa caldo, ma il canale ogni tanto è fiancheggiato da alti filari di alberi che ci danno un po’ di ombra, e quel po’ di aria che creiamo con la nostra velocità è sufficiente. Lungo gli argini incontriamo sempre una gran quantità di pescatori, sistemati all’ombra degli alberi, con le lenze lanciate lontano in attesa del pesce, abbastanza lontano per doverci spostare dal centro del canale: un saluto e via. Al di là del filare di alberi, siamo avvolti dai vigneti della Borgogna, adagiati sul pendio dolce della collina. Ci fermiamo alle 15 alla halte nautique di Vouécourt (Pk 89), prima della chiusa omonima, dopo ‘solo’ 12 chiuse e 2 ponti. Non c’è nulla tranne alcune case, la posta e una chiesetta, ma il luogo è tranquillo e il campeggio sulla sponda opposta del canale offre qualche risorsa; domani abbiamo comunque intenzione di fermarci a Chaumont, che è una cittadina più grande. I vigneti della Borgogna. 25 agosto, domenica: Vouécourt - Foulain [35 km, 18 chiuse, 4 ponti apribili, 9h di cui 1h fermi] Di domenica le chiuse entrano in funzione alle 9 per tutti, e noi siamo puntuali. Verso le 12, al passaggio della chiusa di Condes, l’operatore ci avverte di rallentare perché più avanti c’è una chiatta piantata in mezzo al canale, e difatti la troviamo un’ora dopo. Restiamo fermi, quasi appoggiati alla riva sinistra, dalle 13 alle 14, in attesa che il Rogi, che ha problemi di motore, è sovraccarica ed è impatanata nel fango del fondo, riesca a disincagliarsi e muoversi nuovamente; non siamo i soli ad aspettare, in entrambe le direzioni. Dopo un’ora il Rogi riesce a schiodarsi dal fondo e poco dopo ci lascia passare, in uno slargo in corrispondenza del molo di un silo. Alla chiusa successiva però l’operatore (lo stesso di prima) ci consiglia di non fermarci a Chaumont, poco più avanti, ma di fare quanta più strada possiamo, perché se ci fermiamo subito e la chiatta ci supera, non ci saranno altre occasioni per passarle davanti, e la chiatta farà al massimo 4 kilometri all’ora.
Decidiamo quindi di saltare la sosta a Chaumont e tiriamo fino alla halte nautique di Foulain (Pk 123), ricavata in un’ansa più larga del canale, dove arriviamo all 18. Ci sono solo due pontili già occupati, ma in uno dei due c’è una péniche olandese di una trentina di metri, che ci invita gentilmente in coppia. Gli amici di La Cane, dopo aver provato a entrare in un posto più piccolo senza abbastanza fondo per loro, vengono davanti a noi e in coppia alla péniche ci stiamo comodamente tutti e due. Dopo aver controllato la disposizione dei nostri parabordi, il proprietario sparisce soddisfatto e non lo rivediamo più.
26 agosto, lunedì: Foulain - Langres [24,5 km, 14 chiuse, 1 ponte apribile, 6h] Partiamo alle 8. Le chiuse sono quasi tutte già vuote (visto che stiamo salendo, significa che possiamo entrare direttamente) e facciamo molto più in fretta del previsto. Alle 14 attracchiamo alla halte fluviale di Langres, con fondo appena sufficiente. Prendiamo appuntamento per il passaggio del tunnel di Balesmes per l’indomani mattina alle 10, poi inforchiamo le biciclette per andare a fare una spesa completa: nella parte ‘in discesa’ del canale Champagne-Bourgogne non ci sono quasi risorse né haltes nautiques, e dovremo essere autonomi e inventarci qualcosa per le soste. Langres è in cima alla collina: dobbiamo spingere le biciclette a mano su per la ripida salita, e controllare bene i freni prima di tornare a bordo! Per e Mette non si fidano molto e spingono le bici anche in discesa. Ahimè la sera, mentre stiamo facendoci un aperitivo, ci passa di fianco senza fermarsi il Rogi, che ci aveva fatto perdere un’ora prima di Chaumont: ci riconoscono e ci dicono di non preoccuparci, perché passeranno il tunnel domattina alle 7. Speriamo di non raggiungerli nella nostra discesa verso la Saône. Facciamo i soliti check di olio, alghe e i conti sul carburante: ci rimangono più di 100 litri nel serbatoio principale, quindi possiamo arrivare a destinazione senza problemi. Sfruttiamo anche i servizi della halte nautique, perché non ne troveremo altri prima di arrivare a Maxilly, all’uscita dal canale. 27 agosto, martedi: Langres - Piépape [21 km, 13 chiuse, 7h30] Partiamo alle 8, per essere puntuali all’appuntamento con il tunnel. Ahimé, la chiusa n.1 di Batailles è in panne. Chiamiamo la VNF, ma c’è un po’ di vento e non riesco a stare fermo in mezzo al canale, quindi mi ormeggio in modo un po’ precario praticamente sotto il ponte all’inizio della chiusa. Dopo un’ora arriva l’itinérant della VNF e passiamo. Alle 11 siamo all’entrata del tunnel di Balesmes e dopo un quarto d’ora di attesa entriamo. Ci vuole però un lungo intervallo di tempo tra una barca e l’altra, quindi all’uscita ci ormeggiamo in coppia a una chiatta disabitata e aspettiamo La Cane, che arriva alle 12:30.
Ripartiamo subito: in questo primo tratto ‘in discesa’ del canale le profondità sono sensibilmente inferiori: la chiglia di Ecland, pur senza toccare in basso, striscia regolarmente i fianchi sulle alghe che crescono sul fondo, come in un enorme autolavaggio vegetale a dimensione di chiglia; La Cane invce, pescando un po’ di più, spesso striscia direttamente con la chiglia sul fondo fangoso: ce ne accorgiamo dalla sua velocità e dalla distanza tra di noi che ogni tanto aumenta. In compenso, come già successo, le chiuse in discesa sono più rapide e facili da passare. Ogni tanto incontriamo gli itinérants della VNF anche se non ne abbiamo bisogno: li vediamo sfrecciare sul loro furgoncino Renault bianco con il logo verde e azzurro della VNF sulle portiere lungo le stradine che costeggiano il canale tra la sponda e i filari di alberi: rallentano, ci salutano (e secondo me si segnano anche la nosta posizione) e ripartono verso le chiuse successive per verificare che tutto funzioni bene. Sono una presenza rassicurante.
Alle 15:30 attracchiamo alla halte nautique di Piépape (Pk 169). Siamo entrambi appoggiati un po’ sul fondo, ma non in modo preoccupante. Poiché ci mancano dei limoni, seguiamo le indicazioni della guida e di un cartello fai-da-te inchiodato a un albero di fianco alla banchina, che dichiara una boulangerie a 500 metri: arriviamo in un paesino semideserto con poche case, una chiesetta e un negozo in ristrutturazione che, probabilmente, tempo fa era la boulangerie annunciata. Poco male, in compenso la calma è totale.
28 agosto, mercoledì: Piépape - silo di Villeneuve-sur-Vingeanne [23 km, 16 chiuse, 6h] Partiamo alle 8:30. In questo tratto di canale non c’è proprio niente: poche case sparse in mezzo ai campi di grano. Anche se le chiuse ‘a scendere’ sono molto più veloci di quelle a salire, e la manovra è più semplice, bisogna considerare che il bordo dei due muri è spesso ad appena 20 cm sopra il pelo dell’acqua con il bacino pieno, e fare attenzione a non salirci sopra, lasciando i parabordi completamente appoggiati sull’acqua; ma ormai non abbiamo più problemi a manovrare per entrare in un bacino Freycinet. Quando sono piene, queste piccole chiuse tendono a tracimare un po’, dato che la stagneità delle porte non è mai completa: è l’unico suono che si sente di notte quando ci si ormeggia in prossimità di una chiusa. Talvolta le chiuse sono talmente ravvicinate che, all’uscita di una, si vede già l’entrata della successiva. In questo caso le chiuse sono raggruppate in chaines, e basta lanciare la manovra della prima: le successive iniziano automaticamente il bassinage quando la fotocellula rileva l’uscita dalla chiusa precedente. Non so cosa succeda quando c’è del traffico anche nell’altro senso, ma in queste condizioni, navigando da soli, il sistema funziona benissimo.
L’unico posto dove le istruzioni che abbiamo dicono che possiamo fermarci è un vecchio silo abbandonato all’altezza di Villeneuve-sur-Vingeanne, al Pk 192. E qui ci ormeggiamo (si fa per dire) alle 15, sfruttando un micro-molo di cemento lungo due metri e largo uno, usando tutti i parabordi che abbiamo per tenere Ecland in equilibrio e tre picchetti a terra; La Cane si ormeggia direttamente sulla riva, con altri due picchetti. Per fortuna non c’è un alito di vento. Seguendo le indicazioni, cerchiamo un ristorante nel minuscolo villaggio di Montigny, ma è tutto chiuso per ferie.
29 agosto, giovedì: Villeneuve-sur-Vingeanne - Maxilly [30 km, 15 chiuse, 1 ponte apribile, 9h] Partiamo alle 9. Ci sono problemi con le chiuse 29 e 30, che non rispondono al telecomando. Come al solito, chiamiamo la centrale locale della VNF e dopo un’ora arriva l’operatore a risolvere. Come già ci era capitato in precedenza, ci rendiamo conto che alla VNF sanno esattamente chi siamo e dove siamo: anzi, sembra che per loro l’entità Ecland-La-Cane sia il nome di un’unica barca lunga 28 metri! Alla seconda chiusa l’operatore è già lì, quindi nessuna attesa. Alla chiusa 39, ancora un problema, questa volta veramente inaspettato: dopo aver manovrato il telecomando e aver visto il rosso e il verde, il semaforo passa improvvisamente sul doppio rosso (che significa ‘chiusa definitivamente fuori servizio’): qualcosa che non vorresti mai vedere! A causa di un po’ di vento aspettiamo puntandoci con la prua contro la riva, di traverso nel canale; ma questa volta la VNF è più solerte, non ci chiede nemmeno chi siamo, tanto lo sanno già. L’itinérant arriva dopo 20 minuti, ma la cosa sembra più grave del solito, e dato che il guasto elettrico non sembra risolvibile deve tirar fuori una grossa manovella e fare la manovra del bassinage completamente a mano: che fatica!
Alle 18 attracchiamo alla halte nautique di Maxilly, ultima sosta prima di uscire dal canale Champagne-Bourgogne. Finalmente una doccia! 30 agosto, venerdì: Maxilly - Auxonne [22 km, 4 chiuse, 3h30] Partiamo alle 10, restituiamo all’ultima chiusa del canale Champagne-Bourgogne i nostri telecomandi ed entriamo nella Saône. Da qui fino a Auxonne le chiuse sono più grandi, tutte comandate da una pertica situata a un centinaio di metri dalla chiusa.
Il paesaggio è completamente cambiato e si inzia a rivedere la civiltà. Identifichiamo l’alto campanile della cattedrale di Auxonne da lontano, e alle 13:30 attracchiamo al pontile per visitatori del Port Royal di Auxonne, dove John, l’harbour master australiano del marina gestito da H2O, ci dà il benvenuto. Iniziamo subito a lavorare per chiudere Ecland e prepararlo per l’inverno e prendiamo online i biglietti per rientrare da Digione a Milano (o a Parigi, per André) per domenica. Arriviamo ad Auxonne, con il campanile della cattedrale che svetta da lontano. 31 agosto-1° settembre: Auxonne Terminiamo i lavori per lo svernamento di Ecland e ci spostiamo al posto definitivo, all’interno del primo pontile, sistemando ormeggi, parabordi, pratiche burocratiche ecc. Sulla chiatta che serve da ufficio a John c’è una webcam, di cui mi danno le coordinate di accesso per poterla spostare e guardare come sta Ecland: sarà il mio passatempo invernale. Abbiamo anche tempo per girellare per il paese, veramente gradevole e circondato da una cinta muraria di epoca napoleonica. La sera gli amici di La Cane ci invitano a cena in un ristorante in paese; loro staranno qui qualche giorno e poi ripartiranno verso il Mediterraneo. Prima di partire lascio a Per la guida dei canali della Cruising Association: me la rispedirà quest’inverno, piena di utili annotazioni sulla seconda parte del viaggio. La nostra cena di addio al ristorante di Auxonne. Il distacco di domenica mattina non è facile: eravamo partiti da Namur con una barchetta danese che ci seguiva, ma dopo un mese di convivenza siamo arrivati ad Auxonne con due veri amici; resteremo in contatto. SECONDA PARTE: 2020 Nei primi mesi del 2020, la prima ondata di Covid mette a rischio la seconda parte della nostra traversata. È solo all’inizio di maggio, con il miglioramento generale della situazione in Italia e in Francia, che riprendo i contatti con Vassili ad Auxonne, con lo staff di Port Napoléon e con la VNF. Tutti mi rassicurano che la situazione è tornata sufficientemente normale per poter partire, senza problemi durante la navigazione, e con mascherine e distanziamento quando scenderemo a terra. Quest’anno non dobbiamo preoccuparci della siccità: la Saône e il Rodano non ne sono influenzati più di tanto. Ci organizziamo per ripartire all’inizio di agosto e per arrivare verso il 20 a Port Napoléon, dove l’albero ci aspetta da un anno, per rialberare e lasciare Ecland in acqua. Franco dovrà rientrare prima del 25 agosto, ma non penso che ci siano problemi. In realtà la strada da percorrere è molto meno dell’anno scorso, 600 km scarsi e una ventina di chiuse, ma non so bene come si presenterà la navigazione sul Rodano: il traffico commerciale, le chiuse gigantesche (da 11 a 23 metri di dislivello) e la corrente verso sud che può superare i 3 nodi, creando potenzialmente dei problemi in fase di manovra, costituiscono delle incognite. Inoltre saremo probabilmente solo in tre: André, Franco e io; Margherita, che potrebbe raggiungerci a Lione, non ci ha dato alcuna certezza; quindi, anche se gli amici di La Cane l’anno scorso ci hanno messo 10 giorni per il tratto Auxonne-Mediterraneo, meglio prendersi un po’ di margine, in fondo siamo in vacanza e vogliamo rilassarci. A proposito di La Cane: Per e Mette hanno proseguito il loro giro, ma a febbraio, risalendo lungo le coste occidentali dell’Europa per rientrare in Danimarca, si sono fermati a Lisbona proprio all’inizio del lockdown, e lì sono rimasti per due mesi e mezzo; alla fine sono riusciti ad arrivare a La Coruña, in Spagna, mettendo La Cane in secca nel marina di Laguna Seca, per rientrare in aereo in Danimarca. 1-2 agosto 2020: Auxonne Arriviamo ad Auxonne, con un bel caldo (35 °C). Ecland è in ottimo stato e non sono necessari lavori particolari: facciamo i preparativi per la partenza, con un check completo del motore, cambio dell’olio, pieno di acqua e una micro-spesa per i primi 3 giorni. Dato che preferisco partire con una carena pulita, prendo accordi con Vassili per una sosta alla base principale di H2O a Saint-Jean-de-Losne, circa 18 km più a valle, dove hanno uno slip di alaggio, per tirar fuori Ecland con un trattore e dargli una pulita. Lì faremo anche una spesa completa. 3 agosto, lunedì: Auxonne - Saint-Jean-de-Losne [18 km, 2 chiuse, 3h40] L’appuntamento è verso le 15, quindi partiamo con calma alle 11:20, con un tempo un po’ uggioso, e verso le 14 entriamo nella piccola chiusa n.1 del canale di Borgogna, manovrata a mano dall’operatore. Il canale di Borgogna è già in scarsezza di acqua, come tutti gli altri piccoli canali che attraversano il centro della Francia: quest’anno non avremmo potuto neanche arrivare ad Auxonne da nord. Alle 15 ci ormeggiamo nella cala dello slip di alaggio di H2O a Saint-Jean-de-Losne, subito a fianco della chiusa. Incontro finalmente Vassili di persona, che ci presta un carrellino per andare a fare una spesa completa in paese. Domattina, uscendo, dovremo fare il pieno di gasolio alla stazione di rifornimento che si trova sulla Saône appena fuori dalla chiusa. 4 agosto, martedì: Saint-Jean-de-Losne - Seurre [18 km, 2 chiuse, 3h30] In piedi alle 8 per la manovra, pulizia della carena e cambio del premistoppa mentre Ecland è fuori dall’acqua. Vassili mi sconsiglia di fermarmi a Verdun-sur-le-Doubs, dove avrei voluto arrivare in serata, dicendomi che nel porto non c’è più fondo a sufficienza per noi, e che è un po’ troppo lontano; mi consiglia di fermarci a Seurre, più vicino e con spazio in abbondanza dove stare. Da qui in poi le chiuse saranno quasi tutte gestite da un operatore da chiamare al VHF, e non c’è molto traffico, neanche di barche da diporto. Le alghe non sono più un problema nella bassa Saône, né lo saranno nel Rodano. Ecland tirato fuori dallo slip a Saint-Jean-de-Losne. La carena non è sporchissima, Tornati in acqua, molliamo gli ormeggi alle 10 dopo aver aver ricevuto l’ok dall’operatore della chiusa del canale di Borgogna (direttamente, questa volta, visto che lo slip è a portata di voce dalla chiusa). Appena fuori facciamo 300 litri di gasolio e siamo pronti. Partiamo finalmente alle 10:40. Ogni tanto mi guardo indietro, era un’abitudine quando La Cane ci seguiva l’anno scorso e ci sentiamo un po’ soli. Dopo un’ora di attesa alla chiusa di Seurre, ormeggiamo al lungo pontile della halte nautique di Seurre (Pk 187) alle 13:40. Il paese non offre gran che, ma nell’ufficio che gestisce la halte sono gentili: poiché non abbiamo bisogno né di acqua né di elettricità, il posto è gratis e i servizi sono a disposizione. Dato che sulla Saône e sul Rodano non ci si può fermare ovunque e i luoghi in cui possiamo entrare non sono tanti, quando è possibile dovremo prenotare un posto: telefoniamo quindi al port de plaisance di Chalon-sur-Saône, con successo. 5 agosto, mercoledì: Seurre - Chalon-sur-Saône [46 km, 1 chiusa, 5h] Partiamo alle 9 e alle 11 usciamo dalla chiusa di Écuelles. Il panorama è di respiro molto più ampio rispetto quello dell’anno scorso: la Saône è larga, fiancheggiata dai vigneti della Borgogna. Alle 14:15 ci ormeggiamo nel port de plaisance di Chalon-sur-Saône (Pk 142). Qui la prenotazone era d’obbligo, perché Chalon è un nodo molto apprezzato; prima di cena il lungo pontile per visitatori, che pure può ospitare decine di barche di passaggio, è praticamente saturo: non capisco dove finiscano tutti durante il giorno! Facciamo un giro in città, sulla riva opposta del fiume, con una deliziosa piazza del mercato contornata di casette a graticcio e la cattedrale di Saint-Vincent. La piazza del mercato e la cattedrale di Chalon-sur-Saône. A Tournus, nostra destinazione di domani, c’è solo un pontile pubblico direttamente sulla Saône dove non è possibile prenotare, ma vediamo così poche barche in giro che non ci preoccupiamo. 6 agosto, giovedì: Chalon-sur-Saône - Tournus [31 km, 1 chiusa, 4h] Dopo i consueti check a olio e acqua, partiamo alle 10. Passiamo mezz’ora in attesa dell’apertura della chiusa di Ormes e alle 14 troviamo un posto nel pontile pubblico di Tournus. Dopo un giretto in città, ci fermiamo per una birra bianca nel bistrot che sta proprio di fronte al pontile, sotto un verde pergolato. Nonostante mascherina e distanziamento, le cose qui sembrano tranquille, e noi non ci stiamo certo ammazzando dalla fatica! Prenotiamo un posto a Mâcon, dove ci rispondono che c’è tutto lo spazio che vogliamo.
7 agosto, venerdì: Tournus - Mâcon [30 km, nessuna chiusa, 3h] Partenza alle 10. Oggi niente chiuse! Arriviamo alle 13 nel port de plaisance di Mâcon (Pk 83), che si trova un po’ fuori dalla città, verso nord. Invece di andare al pontile per i visitatori, prendiamo per sbaglio il posto di una barca stanziale, ma nell’ufficio ci dicono di rimanere, perché il proprietario non rientrerà prima di una settimana. In bicicletta, attraverso un bellissimo parco e una serie di ciclabili, arriviamo in città, dove a piedi facciamo un bel giro per le viuzze strette e le molte chiese romaniche, con una sosta per una birra ristoratrice. La temperatura è sempre sopra i 35 °C. Le chiese romaniche di Mâcon. Al rientro telefoniamo al port de Confluence di Lione, l’unico posto dove potremo fermarci in città, dato che è vietato sostare lungo le berges, e prenotiamo un posto per domenica e lunedì. Purtroppo Margherita ci ha già avvertito che per motivi di lavoro non verrà: termineremo il viaggio in tre. 8 agosto, sabato: Mâcon - Villefranche-sur-Saône [42 km, 1 chiusa, 4h30] Partenza alle 9:45. Passiamo la chiusa di Dracé (Pk 62) praticamente senza attesa, e alle 14:10 ormeggiamo al corto pontile della halte nautique di Jassans-Riottier, sulla riva sinistra della Saône, di fronte alla cittadina di Villefranche-sur-Saône. A terra non c’è nulla, a meno di andare a Villefranche che è un po’ lontano. C’è però un gradevole ristorante all’aperto a 100 metri dal pontile, dove ceniamo la sera. 9 agosto, domenica: Villefranche-sur-Saône - Lione [42 km, 1 chiusa, 5h] Partiamo alle 9:45 dopo i consueti check di olio, acqua e alghe nel filtro. La chiusa di Rochetaillée (Pk 17) è già aperta: stiamo andando molto più velocemente del previsto, e le chiuse tutte in discesa sono una sine cura, speriamo che duri così anche sul Rodano. Alle 14:45 entriamo nel port de Confluence di Lione, in un bacino scavato sul lato sinistro della Saône in città, a pochi kilometri dalla confulenza tra Saône e Rodano. Anche se la prenotazione era comunque dovuta, nel porto oltre a noi c’è solo un’altra barca. L’impiegato ci assegna uno dei tanti posti liberi e ci consiglia, anche se l’accesso al marina è reso sicuro dai cancelli con entrata a codice, di lasciare comunque qualcuno a bordo, dato che Lione non è esattamente una delle città più sicure di Francia: ci penserà André, che a causa della sua scarsa autonomia di deambulazione rimarrebbe comunque a bordo. La temperatura è salita sopra i 37 °C e fa troppo caldo per fare un giro in città: andremo domattina di buon’ora con una temperatura più gradevole. 10 agosto, lunedì: Lione Stiamo fermi a Lione per una giornata dedicata al turismo: facciamo un giro nella città vecchia, e poi con la funicolare saliamo fino alla cattedrale di Notre-Dame de Fourvière e ai resti romani del teatro, senza dimenticare una buona brasserie. Rientrati a bordo all’inizio del pomeriggio, quando la temperatura inizia a salire, rabbocchiamo il pieno di acqua e andiamo all’ipermercato proprio di fronte per fare un po’ di spesa fresca. Ora dobbiamo fare un programma preciso, perché i posti in cui fermarsi sul Rodano sono pochi. Da questo punto, ripartiamo da Pk zero. Dobbiamo anche tener presente la corrente portante che può creare problemi in manovra, abbastanza da essere sempre costretti a girarci di 180° per ormeggiare controcorrente, tranne che sui pontili di attesa delle chiuse, che sono sempre riparati dalla corrente. La riva destra del lungo Saône di Lione, con le cattedrali di Notre-Dame di Fourvière, in alto, Il teatro romano di Fourvière e le viuzze della Lione vecchia. 11 agosto, martedì: Lione - Les-Roches-de-Condrieu [41 km, 2 chiuse, 4h30] Dopo una telefonata al port de plaisance di Les-Roches-de-Condrieu e un’altra alla chiusa di Pierre-Bénite (Pk 4, la prima del Rodano, a un’ora dal marina), partiamo alle 10. Alle 11 siamo alla chiusa, già aperta per noi, e facciamo il primo ‘salto’ di 12 metri. Le grandi chiuse sul Rodano sono quasi tutte su un piccolo canale laterale al corso principale del fiume, in corrispondenza del quale è stato costruito un barrage con una centrale elettrica. I bacini delle chiuse hanno tutte le bitte montate su piattaforme galleggianti che quindi vanno su e giù insieme alla barca, evitando di dover spostare le cime su altre bitte man mano che si sale o si scende come accadeva in Olanda e in Belgio. A Pierre-Bénite facciamo un po’ di fatica a prendere sia una bitta di prua sia una di poppa, perché le bitte sono veramente distanti, a misura di chiatta commerciale. In compenso, non c’è praticamente movimento d’acqua nella chiusa durante il bassinage. Impariamo anche che sul Rodano è obbligatorio indossare un giubbotto salvagente nelle chiuse, cosa che non avevamo mai fatto prima, e che l’operatore non inizia la manovra finché non vede che tutti lo indossano.
Alle 13:30 siamo alla chiusa di Vaugris, con 15 minuti di attesa, e nella manovra di ormeggio sbattiamo l’ancora contro il muro sia a causa della distanza tra le bitte, sia per la rotazione generata dalla retromarcia fatta per fermarci: dovremo studiare qualcosa di meglio. In compenso, il traffico commerciale non è certo preoccupante e ogni chiusa ha sempre un piccolo pontile per le barche da diporto in caso di attesa. Alle 14:30 ormeggiamo al secondo pontile del port de plaisance di Les-Roches-de-Condrieu (Pk 41). Nonostante le nostre velleità turistiche, la cittadina non ha molto da offrire, ma c’è un po’ di vento che smorza la calura. Il bacino del porticciolo è stato ricavato da un’ansa del Rodano, “raddrizzata” per facilitare il passaggio delle chiatte; il corto braccio morto che è stato ricavato è ora attrezzato con dei giochi d’acqua, in particolare un bellissimo circuito circolare di traino per lo sci nautico, con tanto di ostacoli. È anche l’unico posto all’ombra, e ci godiamo lo spettacolo di fronte a una birra fresca. 12 agosto, mercoledì: Les-Roches-de-Condrieu - Saint-Vallier [35 km, 1 chiusa, 4h] Partiamo alle 9:45 con un po’ di vento da sud, quindi contario dato che il Rodano è praticamente rettilineo; il Rodano è maestoso, largo, con la campagna intorno in cui si alternano i campi coltivati e i vigneti. Oggi dovremo fermarci a una halte nautique non prenotabile, ma non vediamo nessuno in giro, quindi non ci preoccupiamo. Alla chiusa di Sablons (Pk 59) aspettiamo 45 minuti per una chiatta commerciale dietro di noi. Proviamo a ormeggiare su un’unica bitta più o meno a metà barca, gestendo con il mezzomarinaio l’eventuale rotazione di Ecland, e di prendere quando possibile una bitta sul muro di sinistra per evitare problemi di rotazione dovuti dell’elica: pare che funzioni bene. Alle 13:40 arriviamo al pontile della halte nautique di Saint-Vallier (Pk 76), completamente deserta. La sera, una piccola péniche di ragazzi che devono caricare delle vettovaglie (tra cui una torta di compleanno!) si mette di fianco a noi con una manovra non proprio perfetta... Gli diamo una mano a ormeggiare e a caricare la loro mercanzia, e prima di cena ripartono verso sud. Noi telefoniamo al port de plaisance di Valence per prenotare un posto. 13 agosto, giovedì: Saint-Vallier - Valence [36 km, 2 chiuse, 4h] Partenza alle 9:30. Alle 10:30 passiamo la chiusa di Gervans, 15 metri di dislivello e 15 minuti di attesa, e alle 13 la chiusa di Bourg-les-Valence, già aperta per noi. La tecnica con una cima a un’unica bitta a centro barca e il fatto di andare sempre contro il muro di sinistra è vincente: basterebbe una persona sola a fare la manovra. Inoltre, il traffico è veramente scarso e gli operatori delle chiuse non hanno alcun problema a farci passare anche se siamo i soli: in definitiva la discesa del Rodano si sta mostrando molto più facile del previsto. Alle 13:30 entriamo nel port de plaisance de l’Épervière, a Valence. Facciamo un bel giro in bicicletta in città, che si trova un po’ distante dal porto, verso nord, seguendo la ciclabile che si snoda lungo il Rodano: la città è gradevolissima.
14 agosto, venerdì: Valence - l’Ardoise (Port 2) [111 km, 5 chiuse, 11h] Partiamo alle 8:30, con l’intenzione di arrivare a Viviers, con ben 3 chiuse in mezzo! Il massimo che ci capiterà quest’anno, niente rispetto all’anno scorso, in cui siamo riusciti a farne 20 in un giorno. Passiamo la chiusa di Beauchastel senza attesa (Pk 124), quella di Logis-Neuf con 15 minuti e quella di Chateauneuf già aperta. Alle 14:30 cerchiamo invano un posto nel porticciolo di Viviers, piccolissimo e già pieno: proseguiamo. Alle 16:30 passiamo la chiusa di Bollène (Pk 187), la più alta del Rodano e di tutta la Francia, con un salto di 23 metri e le porte scorrevoli come in una gigantesca ghigliottina: impressionante. Verso le 17:30 passiamo da Saint-Étienne-des-Sorts, dove la guida indicava una halte nautique, ma non c’è nulla: deve essere stata portata via da una piena del Rodano durante l’inverno e mai più reinstallata. Proseguiamo ancora, anche perché non ci resta altro da fare, ma a questo punto telefoniamo a un marina chiamato ‘Port 2’, in fondo al corto braccio laterale dell’Ardoise, perché è l’unico altro posto che potremmo raggiungere oggi: per fortuna hanno posto e, anche se arriveremo un po’ tardi, ci aspettano. Alle 18:30 passiamo la chiusa di Caderousse (Pk 215), già aperta, e finalmente, dopo aver imboccato il braccio dell’Ardoise, dopo altri 5 kilometri, ormeggiamo a un pontile di Port 2: sono le 19:15 ma il responsabile del porto, come promesso, ci stava aspettando. Quello di oggi è il massimo che si possa fare sul Rodano in un giorno, e per la prima volta siamo un po’ stanchi. Al di là del porticciolo, il posto è deserto, circondato dagli alberi, e l’unico rumore che si sente alla sera è l’acqua che scorre dal barrage posto di fianco alla chiusa di Caderousse.
15 agosto, sabato: l’Ardoise - Avignone [20 km, 1 chiusa, 3h30] Quando ci svegliamo la mattina, troviamo un sacchetto con dentro tre croissants ancora caldi: che servizio! Partiamo alle 9:30 verso Avignone. La halte nautique di Avignone è considerata una delle soste più ambite, ma nonostante sia in una grande città non è possibile prenotare: speriamo di trovare un posto arrivando presto. Alle 11:30 passiamo la chiusa di Avignone (Pk 235), già aperta, e dopo poco facciamo un’inversione a 180° per imboccare il braccio del Rodano di Avignone. Dopo aver aggirato il moncone del famoso ponte, alle 13 prendiamo un posto (il penultimo) al quai de la Ligne di Avignone. Causa Covid, il chiattone che fa da ufficio del marina e che ospita i servizi è chiuso, ma in compenso il posto è gratis. Dato che ci sono ancora 34 °C, una doccia fredda a bordo va benissimo. Durante il pomeriggio, il quai de la Ligne si svuota e noi decidiamo di fare come a Lione, aspettando l’indomani mattina con una temperatura più accettabile per visitare la città. Andiamo con un piccolo traghettino comunale dall’altra parte del fiume, dove un parco gigantesco ospita una serie di campeggi e qualche bar all’aperto, sotto gli alberi, per una birra ristoratrice con una vista da un’angolazione migliore sul pont d’Avignon, sulle mura della città e sul palazzo dei Papi.
16 agosto, domenica: Avignone Stiamo fermi ad Avignone. La barca è proprio sotto le mura della città vecchia, ed è uno spettacolo, nonostante un po’ di traffico sulla strada che costeggia la banchina. Dopo un giro in bicicletta intorno alle mura, proviamo a chiedere se è possibile, senza prenotazione, fare una visita al palazzo dei Papi. In realtà i turisti sono pochi, e ci danno un’entrata a un’ora di distanza, che passiamo davanti a un bel boccale di birra nella piazzetta antistante. Durante la visita al palazzo dei Papi non c’è quasi nessuno, incontriamo appena un paio di persone in ciascuna delle sale piene di storia, che percorriamo leggendo la guida che ci hanno dato all’ingresso. Poi giriamo per la città vecchia per un sacco di tempo: mai camminato così tanto in questa crociera! Durante la notte, un temporale potente rinfresca un po’ l’aria.
17 agosto, lunedì: Avignone - Arles [44 km, 1 chiusa, 5h] Partenza alle 10. Come ultima sosta prima di arrivare in fondo pensiamo di fermarci ad Arles, dove la guida ci segnala una halte nautique con un pontile lungo 50 metri. Alle 12 siamo alla chiusa di Beaucaire (Pk 265), l’ultima grande chiusa del Rodano, e aspettiamo un’ora per passare. Poi sfiliamo davanti a Tarascona e alla sua fortezza angioina.
Alle 15 arriviamo ad Arles, ma della halte nautique non c’è l’ombra. Vediamo solo un minuscolo pontile riempito con dei pedalò, e comunque talmente piccolo che non avrei osato avvicinarmi. Su un muro della sponda appare ancora la scritta ‘Halte nautique d’Arles’, anche bella grossa, ma il pontile deve esserselo portato via una piena negli anni scorsi. Passiamo al piano B indicato dalla mia guida, chiamando al telefono “La Péniche”, un ristorante galleggiante che dicono accetti una barca di passaggio in coppia, a patto che l’equipaggio ceni al ristorante, cosa che ci sembra ragionevole. Purtroppo è il loro giorno di chiusura e non vogliono saperne. D’altronde è troppo tardi per arrivare fino al mare e vorremmo comunque visitare gli scavi archeologici della città. Dopo aver girato avanti e indietro lungo il fronte della città per un paio di volte, notiamo che sul muro della sponda destra, in cui il cemento è altrove fatto con delle indentature e quindi inavvicinabile, c’è un tratto con delle assi di legno messe in orizzontale, segno che qualcun’altro deve essersi fermato. Con molta attenzione ci avviciniamo, e alla fine ci ormeggiamo alla riva destra di Arles in modo non proprio ortodosso, attaccando le cime ai ferri della scaletta fatta per salire sulle berges e a un altro spunzone d’acciaio, su poco più di 1,5 m di fondo. Ma non c’è un pelo di vento e siamo abbastanza fuori dalla corrente, per cui rimaniamo: siamo ormeggiati praticamente sotto la sede locale della VNF. Dopo aver lasciato ad André, che rimane a bordo, uno dei nostri cellulari per poterci chiamare in qualsiasi emergenza, andiamo a fare un giro per i monumenti della città, patrimonio mondiale dell’umanità: i criptoportici, il teatro romano, le terme, il colosseo. Rientrati a bordo, verso le 18 siamo chiamati dall’alto delle berges da due impiegati della VNF, che ci dicono che la sosta lungo le banchine di Arles non è ammessa, a causa delle variazioni di livello operate dal barrage di Beaucaire. Ci guardiamo un po’ contraddetti, ma dopo che gli abbiamo spiegato le nostre ragioni, ci rispondono che per questa notte siamo “tollerati”, anche se ci avvertono di sorvegliare il fondo; poi se ne vanno. Uff! Poco dopo arriva da sud una barca a vela un po’ più grossa di Ecland, che rallenta sotto al ponte in cerca di un posto per ormeggiare. Si guardano intorno e poi – ovviamente – si dirigono verso di noi, avvicinandosi pian piano al muro; alla fine desistono, chiedendoci se possono venire in coppia, ma questo è escluso, vista la nostra posizione precaria e il fatto che loro barca pesa molto di più. Dopo un altro giro ripartono verso nord; potrebbero fare in tempo ad arrivare ad Avignone prima che faccia buio, se riescono a passare la chiusa di Beaucaire prima che chiuda: buon viaggio! Il teatro romano e le mura esterne del colosseo di Arles. 18 agosto, martedì: Arles - mare (Port Napoléon) [52 km, 1 chiusa, 1 ponte, 7h di cui 1:30h di attesa] Partiamo alle 10:30. Effettivamente il livello si è alzato di 10 cm questa notte, ma poiché non si è abbassato, non abbiamo problemi. Intorno a noi il paesaggio è diventato piatto e la vegetazione è ormai tutta di macchia mediterranea. Alla nostra destra si iniziano a intravedere le paludi della Camargue. Alle 14 arriviamo a Saint-Louis-du-Rhône, dove c’è un’ultima chiusa, più piccola, con un moderno ponte levatoio all’uscita, che bisogna passare per uscire dal Rodano ed entrare nel porto, in collegamento diretto col mare. Purtroppo non c’è nessun pontile di attesa per la chiusa, che apre a orari fissi, e la prossima apertura è alle 15:30; dopo aver parlato con l’operatore, facciamo dei giri su e giù per l’ultimo miglio del Rodano in attesa dell’orario di apertura, finché non veniamo chiamati perché una chiatta commerciale sta per passare (loro non hanno orari) e c’è posto anche per noi.
Entriamo nella chiusa alle 15, ma ci restiamo per un’ora, perché ormai l’orario di apertura delle 15:30 è troppo a ridosso e l’operatore ha deciso di aspettare che arrivino tutte le altre barche da diporto. Il dislivello qui è minuscolo, forse 50 centimetri. Alle 16 Ecland esce dalla chiusa e dal ponte levatoio e torna a vedere le acque del Mediterraneo, dopo esattamente 28 anni. Passato il bacino di Saint-Louis, percorriamo i 5 kilometri verso est per superare l’estremità della diga ed entrare nel golfo di Fos e poco più a sud rientriamo per altri 5 km verso ovest nel canale dragato che porta a Port Napoléon. Alle 17:20 ormeggiamo a uno dei pontili per visitatori del marina. In definitiva, la parte da Digione al mare è stata molto più facile e rilassante del previsto. 19-23 agosto: Port Napoléon Siamo arrivati in fondo, la crociera è finita, ma non il lavoro: dobbiamo ancora preparare l’albero per essere rimontato, alberare e spostare poi Ecland al suo posto definitivo. Durante i due giorni del 19 e del 20 rimettiamo l’albero in condizione di essere rimontato sulla barca. Fa caldo ma c’è un po’ di vento e si sta bene. Completiamo anche le pratiche burocratiche ed economiche con l’amministrazione del marina, sempre con mascherima e a distanza di sicurezza. Lavoriamo comunque bene all’albero, rimontando senza problemi crocette, coffa, sartiame e rollafiocco e anticipiamo le operazioni di rialberatura, fissate per sabato, a venerdì pomeriggio, soprattutto dietro richiesta del manovratore che ci fa capire chiaramente che quella di sabato sarebbe stata per lui l’unica operazione, e avrebbe preferito starsene a casa!
Domenica 23 prendiamo un taxi per la gare de Saint-Charles di Marsiglia, lasciando Ecland in condizione di poter ripartire per mare con poco lavoro. Dieci giorni dopo il nostro rientro, chi arriva a Milano Centrale dalla Francia viene già messo in quarantena per la seconda ondata di Covid... Conclusione In totale, in questo traversone dell’Europa da nord a sud, da Amsterdam al golfo di Fos, abbiamo fatto in circa 7 settimane e mezzo 1900 kilometri – poco più di 1000 miglia, non molto considerando che in una ‘normale’ crociera a vela di un mese in genere ne facciamo più di 1500 con qualche traversata notturna – passando attraverso 270 chiuse, 4 tunnel, 1 ascensore e 16 ponti apribili, per un totale di 275 ore di navigazione a motore, incidenti e imprevisti inclusi. Nonostante i problemi al motore dell’anno scorso e alla deviazione dovuta alla siccità, le due crociere sono state fantastiche: nuovi amici, luoghi imperdibili, un ritmo e un’atmosfera completamente diversi da quelli cui eravamo abituati in mare. Con il senno di poi, se avessimo deciso di percorrere la strada da ovest a est, a causa della siccità saremmo forse ancora piantati in qualche punto del Danubio ad aspettare le piogge. Non avrei mai pensato che una crociera per le acque interne potesse essere così avventurosa. Non è un viaggio che rifarei, per essere sincero: Ecland è fatto per andare a vela, e noi anche; non ho nessun rimpianto, però: una volta nella vita, ne vale veramente la pena. I protagonisti dell’avventura
E, ovviamente, Ecland e La Cane, qui ormeggiati subito dopo la chiusa d’Isles, sulla Marna.
Novembre 2020
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